Sciopero Generale: partecipazione bassa e la politica come orizzonte
Lo sciopero generale indetto da CGIL e UIL il 29 novembre 2024, annunciato come una mobilitazione di massa contro la legge di bilancio del governo Meloni, si è trasformato in un clamoroso flop in term...

Lo sciopero generale indetto da CGIL e UIL il 29 novembre 2024, annunciato come una mobilitazione di massa contro la legge di bilancio del governo Meloni, si è trasformato in un clamoroso flop in termini di partecipazione. Nonostante le dichiarazioni entusiaste dei vertici sindacali, i dati ufficiali raccontano un’altra storia: l’adesione nel settore pubblico, e in particolare nella scuola, è stata inferiore al 5%, con punte minime in diverse regioni.
Un successo dichiarato, ma smentito dai numeri
Durante le manifestazioni, CGIL e UIL hanno parlato di una grande adesione e di una piazza compatta. Tuttavia, i dati della Funzione Pubblica smentiscono questa narrativa. Nel settore scolastico, storicamente cruciale per la partecipazione agli scioperi, l’adesione è stata deludente, con una media inferiore al 3%. Questo dato segue un trend già evidente negli ultimi scioperi, come quello del 15 novembre, che aveva registrato uno scarso 0,67% di partecipazione.
La discrepanza tra le dichiarazioni dei sindacati e i numeri ufficiali solleva dubbi sulla loro capacità di rappresentare le istanze dei lavoratori. Mentre i leader sindacali celebravano una mobilitazione di massa, la realtà sul campo evidenziava un sindacato sempre più distante dalle esigenze quotidiane dei lavoratori.
Le ragioni del flop
Il fallimento dello sciopero non è imputabile solo a un disinteresse generale, ma anche a fattori specifici. Anzitutto la mancanza di obiettivi chiari; lo sciopero è stato indetto per opporsi alla politica economica del governo, ma senza proposte concrete. Slogan generici su salari, pensioni e investimenti pubblici non sono bastati a convincere i lavoratori. Disconnessione dal mondo del lavoro: l’impressione che i sindacati si concentrino più su battaglie politiche che sulle questioni lavorative ha alienato molti lavoratori. Fiducia in calo: La percezione diffusa è che i sindacati non riescano più a ottenere risultati tangibili, specialmente in settori come la scuola, dove il personale precario e ATA si sente trascurato.
La piegatura politica di Maurizio Landini
Una delle critiche principali mosse a CGIL e UIL è la deriva politica assunta negli ultimi anni, incarnata dal segretario generale Maurizio Landini. La sua retorica è sempre più orientata a una visione combattiva, con dichiarazioni come “rivoltare il Paese come un guanto”, che evocano il sindacalismo militante degli anni Cinquanta e Sessanta.
Landini ha costruito la sua immagine come leader pasionario, spesso utilizzando toni forti per distinguersi e consolidare la propria posizione come punto di riferimento della sinistra più radicale. Questa strategia, però, ha sollevato critiche sia dall’interno del sindacato sia da altre organizzazioni. La CISL, ad esempio, si è dissociata dallo sciopero, privilegiando un approccio più pragmatico e orientato al dialogo con il governo.
La figura di Landini è inoltre oggetto di dibattito sul piano politico. Alcuni osservatori suggeriscono che il segretario della CGIL stia costruendo un percorso personale che potrebbe portarlo a candidarsi come leader di partito o in Parlamento. Landini ha negato queste ipotesi, ma il suo linguaggio e il suo posizionamento lasciano aperti molti interrogativi.
Il rapporto tra sindacato e lavoratori
Lo sciopero ha messo in evidenza il crescente distacco tra il sindacato e i lavoratori. Molti insegnanti, operatori sanitari e dipendenti pubblici si sentono delusi dall’incapacità delle organizzazioni sindacali di ottenere risultati concreti, come aumenti salariali o migliori condizioni di lavoro.
Questo divario è particolarmente evidente tra i giovani lavoratori, che spesso non si riconoscono in un sindacalismo percepito come troppo ideologico e lontano dalle esigenze quotidiane. La scarsa partecipazione allo sciopero è un segnale che il modello tradizionale di mobilitazione non è più adeguato al contesto attuale, caratterizzato da una crescente precarietà e frammentazione del lavoro.
Lo sciopero generale del 29 novembre 2024 ha evidenziato le fragilità del sindacalismo italiano. La bassa adesione, unita alla percezione di un sindacato più interessato alla politica che ai lavoratori, rappresenta un campanello d’allarme per CGIL e UIL. Per recuperare credibilità, i sindacati devono tornare a concentrarsi su obiettivi concreti e negoziabili, ricostruendo un rapporto di fiducia con i lavoratori.
Il rinnovamento passa attraverso una maggiore attenzione alle istanze reali del mondo del lavoro e una revisione delle strategie di mobilitazione. In assenza di un cambiamento, il rischio è un ulteriore isolamento, sia sociale che politico.