Scuola, elezioni politiche 2022: "Intervista Esclusiva alla Senatrice Bianca Laura Granato"

La scuola italiana attraversa un momento molto difficile, in parte a causa degli ultimi anni di pandemia, nonché dalle numerose richieste, tutte legittime, che partono dai lavoratori della scuola.È fo...

A cura di Ylenia Franco
02 agosto 2022 16:44
Scuola, elezioni politiche 2022: "Intervista Esclusiva alla Senatrice Bianca Laura Granato" -
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La scuola italiana attraversa un momento molto difficile, in parte a causa degli ultimi anni di pandemia, nonché dalle numerose richieste, tutte legittime, che partono dai lavoratori della scuola.

È fondamentale conoscere gli obiettivi e le soluzioni proposte dai futuri membri del governo, anche perché le promesse fatte in questa sede verranno monitorate per verificare la loro attuazione, perché crediamo che le chiacchiere siano ‘fuffa’ e vogliamo azioni immediate, serie e concrete sull’istituzione che forma i cittadini del domani.

Partiamo dall’ annoso problema del reclutamento. Attualmente ci troviamo con CDC affollatissime mentre altre in cui si fatica a trovare docenti qualificati; situazione che inoltre si diversifica nelle diverse regioni d’Italia. Qual è la vostra proposta per superare l’impasse attuale?

“Innanzitutto bisogna rendere l’insegnamento una professione adeguatamente retribuita cui si accede tramite concorsi seri annuali. Al reclutamento andrebbe proprio destinato un dipartimento del Ministero. Dobbiamo puntare a riempire le scuole di professionisti seri e preparati che non sceglieranno questo lavoro per ripiego, ma per interesse e passione. Poi ovviamente serve una riforma atta a consentire loro di lavorare con serietà in classe senza inutili dispersioni di energie in pratiche burocratiche”. 

 

Parliamo dei fuori sede. Molti docenti stanno vivendo, ormai si può dire da decenni, la vita fuori dalla loro provincia, lontano dagli affetti familiari. Per alcune CDC purtroppo sembra non esistere soluzione, a danno di chi, con grande sacrificio e professionalità vive questa situazione tra tante difficoltà (economiche, ma soprattutto emotive). Quale soluzione si propone al riguardo?

“L’unica soluzione possibile è adeguare l’organico di diritto alle effettive necessità di copertura dei posti vacanti e disponibili e prevedere l’apertura delle scuole full time”. 

Il Ministro Bianchi, per promuovere la meritocrazia, ha previsto dei percorsi di formazione facoltativa dei docenti, al termine del quale era previsto un incentivo economico. La norma non ha incontrato il favore degli insegnanti, sia per la percentuale di docenti che avrebbero usufruito dell’incentivo (il 40% dei ‘formati’) sia per i criteri scelti. Per favorire una giusta meritocrazia, voi cosa proponete?

“La valorizzazione del merito del docente in una scuola non è un obiettivo facile da perseguire. Troppi sono i fattori esterni che condizionano i risultati dell’azione didattica. Io penso che ci si dovrebbe attenere ad una verifica periodica dei registri e degli adempimenti nei confronti degli organi collegiali, degli studenti e delle famiglie. Il numero delle verifiche effettuate, le attività didattiche svolte, l’accuratezza della correzione delle verifiche scritte, attendibilità delle griglie di valutazione utilizzate, piani di lavoro, ecc. ecc.. Valutare il merito sugli apprendimenti sarebbe l’optimum, ma siccome questi dipendono anche da fattori esterni (contesto socio economico in primis) si rischierebbe di far torto a chi opera in contesti disagiati con maggiori aggravi e oneri. Le scelte di Bianchi sono solo finalizzate a distrarre fondi dal funzionamento delle scuole per destinarli a ben noti carrozzoni gestiti da amici e collaterali dei politici. Quindi sono irricevibili”.

 

Continuamente ci vengono proposte in rete esempi di scuole del nord Europa dove vi sono dei livelli di efficienza molto alti. Aldilà delle ideologie, è importante programmare degli investimenti concreti e strutturali di miglioramento. Cosa proponete in merito?

“Per migliorare la didattica bisogna innanzitutto operare in ambienti di apprendimento adeguati al tipo di scuola e al contesto in cui opera. Mantenere le scuole aperte anche il pomeriggio per fornire attività di sportello, potenziamento o recupero a chi non ha il supporto della famiglia, quindi aumentare l’organico”.

 

Argomento hot: stipendi dei docenti italiani più bassi d’Europa. È un fatto: a parità di anni di servizio, i docenti italiani sono i più malpagati. Sembra che il MEF blocchi inevitabilmente proposte strutturali di aumento. Come interverrete per risolvere la questione?

“Bisogna tagliare dove serve a cominciare dall’autonomia scolastica , progettifici, mancette sotto forma di bonus, carrozzoni Indire e Invalsi e adeguare gli stipendi”. 

 

Gli ultimi esiti INVALSI fotografano un scuola con livelli mediante bassi, soprattutto al Sud, risultato che contrasta con gli esiti degli esami di maturità. A ciò si aggiunge che molti, tra pedagogisti ed esperti, sottolineano l’inutilità di tali test. Proponete dei cambiamenti al riguardo?

“I test INVALSI non sono uno strumento che ha consentito alla scuola di migliorare gli obiettivi di apprendimento, al contrario purtroppo hanno solo generato il “teach to the test”, una pratica anti didattica che non ha conferito qualità all’insegnamento, anzi lo ha depauperato . Si potrebbero invece elaborare ad opera di équipe di pedagogisti delle prove annuali comuni che non comportino una didattica finalizzata al loro superamento ma che misurino il livello di crescita culturale e critica dello studente”.

 

Recenti studi mostrano l’incapacità degli studenti italiani di comprendere un testo o eseguire attività scientifiche complesse. È chiaro che qualcosa nel processo insegnamento – apprendimento va rivisto. Di solito si chiede il cambiamento agli insegnanti. Non sarebbe il caso di intervenire sugli studenti? Come intendete intervenire su questo problema?

“Bisogna in questo caso intervenire sul modo di fare scuola. L’apprendimento richiede anche una fase di studio e rielaborazione personale dei contenuti studiati. Questa fase ormai è come se non esistesse! Deve necessariamente tornare a far parte del processo di apprendimento, altrimenti questo non si realizza. Molto banalmente è questo il motivo per cui abbiamo una sorta di analfabetismo di ritorno”.

 

Abbiamo letto della scuola di Alta formazione per i docenti. Vorrei affrontare con lei il tema della sua costituzione. Come saprà bene, non è formata da personale scolastico. Un nuovo nucleo valutativo mirato a formare gli insegnanti che non comprende gli addetti ai lavori. Non sarebbe il caso di fare intervenire chi nella scuola ci lavora, e che ha le competenze adeguate?

“Sulla scuola cosiddetta di Alta formazione mi sono già espressa. Un inutile carrozzone per gli amici dei politici, una partita di giro per distrarre fondi alla scuola e ai docenti. L’unica vera formazione utile è per un docente lavorare bene in classe confrontandosi sulle pratiche didattiche nei dipartimenti disciplinari e negli organi collegiali. Aggiornarsi sulle discipline e sui metodi di insegnamento, fare un uso moderato della tecnologia, solo se e quando utile, consapevole che essa non è una panacea, al contrario rischia di costituire un grave ostacolo agli apprendimenti, perché essa consente di aggirare i processi di consolidamento e rielaborazione personale dei contenuti”. 

 

Un’ultima domanda, ma importantissima. Il d.lgs. 65 del 2017, in attuazione della L.107/2015, prevede l’istituzione del sistema integrato 0-6, che si fa carico di rispondere ad un’esigenza precisa di alcune zone d’Italia, dove le famiglie vivono la difficoltà di gestione dei bambini da 0 a 6 anni, partendo dalla mancanza di asili nido o strutture similari arrivando alle problematiche dei genitori che lavorano e non hanno una rete di welfare su cui contare. Ad oggi, il sistema integrato è ancora in fase embrionale. Come contate di intervenire?

“Di certo se manca il lavoro specie in alcune aree del Paese non c’è necessità di ricorrere agli asili nido, che sono infatti una realtà diffusa prettamente nel nord Italia. Infatti è per questo che la spesa per gli asili nido è zero al sud. Bisogna riequilibrare le cose attraverso la quantificazione e determinazione dei fabbisogni standard, definendo la spesa pro capite che lo stato deve mettere in conto per ciascun cittadino e provvedere a riequilibrare le cose”.

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