Una scuola diversa è possibile: basta volerlo
Ci prova il DS A. D’Ambrosio (Istituto Comprensivo di Lozzo Atesino). E c’è chi getta la spugna e va via: la nostra storia.I messaggi social del DS Alfonso D’Ambrosio dell’Istituto Comprensivo di Lozz...

I messaggi social del DS Alfonso D’Ambrosio dell’Istituto Comprensivo di Lozzo Atesino scatenano spesso molte reazioni ed un acceso dibattito, in particolare quando parlano di scuola e innovazione. https://www.facebook.com/dirigente.alfonso.dambrosio
Così è successo con un messaggio in cui il dirigente ha descritto brevemente il sistema

Non entro nel merito, da genitore, di monte orario dei docenti, della formazione, delle modalità di reclutamento. Ma posso parlare, per esperienza personale, di come si può fare una scuola diversa. E parlo di mio figlio, su cui all’età di 5 anni è stato detto che “sarebbe stato il problema della classe perché già parlava e leggeva due lingue, oltre saper già svolgere le basilari operazioni numeriche”. Il motivo: si sarebbe annoiato e avrebbe disturbato il gruppo.
Come puo’ un bambino essere un problema? Lo diventa se la scuola è incapace di guardare alle unicità e di supportarle al meglio, andando al di là di una didattica standardizzata e uniformata su un unico livello. Il problema poteva diventare un’opportunità per tutta la classe, così come alla fine è stato. Ma non in una scuola italiana da cui siamo fuggiti appena abbiamo sentito la parola “problema” affiancata a nostro figlio.
Nostro figlio ha frequentato una scuola dove la didattica è basata su metodologia empirico-deduttiva (nessuna nozione dunque “imposta dall’alto”) , con percorsi specifici per livello all’interno della classe. Dove nostro figlio non è stato un problema ma una risorsa a supporto di tutta la classe. Perché, lavorando quasi esclusivamente in gruppo, ha imparato ad aiutare gli altri e ad essere aiutato. Perché ogni bambino ha potuto esprimere al meglio le proprie attitudini e capacità e metterle al servizio degli altri. Dove l’insegnante non insegna solamente ma è il regista ed i protagonisti sono i bambini.
Non ha mai imparato una poesia o una formula matematica a memoria. Ma parla perfettamente tre lingue, ha appreso il piacere della ricerca, ad affrontare qualsiasi problema da più angolazioni, a non fermarsi alla prima soluzione, a confrontarsi con gli insegnanti nelle ore di studio libero per supporto e approfondimenti.
Abbiamo fatto un tentativo di rientro nella scuola italiana in prima media per qualche giorno: e’ ritornato ad essere un “problema”, semplicemente perché ha osato chiedere “a cosa servisse fare la traduzione da inglese a italiano”, evidenziando un sistema di insegnamento dell’inglese obsoleto e poco efficace. Ha osato anche evidenziare un diverso metodo per la soluzione di un esercizio di matematica, lontanissimo dagli esempi pratici su cui ha lavorato sin da piccolo, e si è sentito dire “si fa così perché sono io l’insegnante”. Siamo scappati di nuovo.
Non è questa la scuola che ci piace. Noi non abbiamo avuto la forza di lottare, probabilmente abbiamo scelto la strada più semplice. Ed allora un mio personalissimo plauso va al dirigente D’Ambrosio che prova “a svuotare il mare con un secchiello”. Da genitore la ringrazio e sono con lei.
Un’altra scuola è possibile, basta volerlo.