Codice di comportamento del Ministero dell’istruzione: obblighi, limiti e ricadute per scuole e personale
Dal DM 105/2022 al nuovo Codice dei dipendenti pubblici: principi di integrità, uso dei social, conflitto di interessi e responsabilità disciplinare per dirigenti, docenti, ATA e consulenti
Codice di comportamento del Ministero dell’Istruzione: quadro normativo e contenuti essenziali
Inquadramento normativo
Il Codice di comportamento dei dipendenti del Ministero dell’Istruzione rappresenta uno strumento essenziale per dare concreta attuazione ai principi sanciti dall’articolo 54 del d.lgs. 165/2001 e per integrare le norme generali contenute nel Codice di comportamento dei dipendenti pubblici. Quest’ultimo è stato recentemente aggiornato dal DPR 81/2023, che ha modificato il precedente DPR 62/2013, introducendo tra l’altro nuove prescrizioni legate all’uso delle tecnologie e dei social media. Il primo Codice “speciale” del Ministero è stato adottato con il DM 30 giugno 2014, n. 525, con il quale sono stati declinati, in riferimento al settore dell’istruzione, gli obblighi di diligenza, lealtà e imparzialità già stabiliti a livello generale per tutti i dipendenti pubblici. Tale documento è stato successivamente aggiornato con il DM 105 del 26 aprile 2022, pubblicato nella sezione “Codice disciplinare e di condotta” del Ministero, che oggi costituisce il riferimento più recente. Il Codice si applica:
a tutto il personale, sia delle strutture centrali che periferiche del Ministero;
al personale comandato, distaccato o fuori ruolo, nonché ai dirigenti incaricati ai sensi dell’art. 19 del d.lgs. 165/2001;
a consulenti, collaboratori, esperti, membri degli Organismi Indipendenti di Valutazione (OIV) e al personale delle imprese che erogano servizi per conto del Ministero.
Per docenti e personale ATA delle istituzioni scolastiche continua a valere il Codice generale dei dipendenti pubblici (DPR 62/2013 e DPR 81/2023), espressamente richiamato dai contratti di lavoro e dalle circolari delle scuole.
Principi generali e comportamenti vietati
Il Codice ministeriale riafferma che il dipendente pubblico opera nel rispetto della Costituzione e “serve la Nazione con disciplina e onore”, conformandosi ai principi di buon andamento e imparzialità. Tra i principi fondamentali emergono:
integrità e imparzialità, che comportano il divieto di utilizzare informazioni d’ufficio per scopi privati e l’obbligo di astenersi in situazioni di conflitto di interessi, anche quando riguardano coniuge, convivente, parenti e affini fino al secondo grado;
correttezza nei rapporti con l’utenza, da assicurarsi attraverso un comportamento rispettoso e non discriminatorio, l’osservanza dei tempi procedurali e la gestione imparziale delle pratiche;
collaborazione tra uffici, affinché lo scambio di informazioni avvenga nel rispetto delle norme su privacy e trasparenza.
Una parte molto dettagliata riguarda regali e utilità: sono consentiti esclusivamente doni di modico valore (entro 150 euro annui per soggetto), purché non in denaro e non correlati a un atto d’ufficio. In caso di superamento della soglia prevista, la parte eccedente deve essere restituita o messa a disposizione dell’Amministrazione. Ampio spazio è dedicato anche all’uso dei social media. Le modifiche introdotte dal DPR 81/2023 hanno infatti stabilito norme stringenti sul corretto utilizzo di strumenti informatici e piattaforme social da parte dei dipendenti pubblici. Le indicazioni valgono esplicitamente anche per i docenti, come più volte ricordato dalla stampa specializzata, che invita a prestare attenzione ai contenuti condivisi online per tutelare l’immagine dell’istituzione scolastica.
Conflitti di interessi, incarichi esterni e whistleblowing
Il Codice disciplina in modo approfondito le situazioni di potenziale conflitto di interessi. I dipendenti devono dichiarare rapporti finanziari o collaborazioni, anche pregresse, con soggetti privati che potrebbero avere interessi collegati all’attività dell’ufficio. È vietato detenere partecipazioni economiche in società operanti in settori connessi con quelli del Ministero. Inoltre, presso ogni struttura amministrativa deve essere istituito un Registro delle astensioni per conflitto di interessi. Gli incarichi esterni retribuiti, conferiti da soggetti pubblici o privati, devono essere sempre preventivamente autorizzati, come previsto dall’art. 53 del d.lgs. 165/2001. La mancata autorizzazione comporta non solo sanzioni disciplinari, ma anche l’obbligo di riversare i compensi percepiti al bilancio del Ministero. Un capitolo è dedicato alla prevenzione della corruzione e alla disciplina del whistleblowing. Il Codice richiama il Piano Triennale per la Prevenzione della Corruzione e della Trasparenza (PTPCT) e riconosce al Responsabile della Prevenzione della Corruzione e della Trasparenza (RPCT) un ruolo centrale nel sistema di vigilanza. Le segnalazioni di illeciti sono regolamentate dalla legge 179/2017 e prevedono tutele specifiche per il segnalante, a partire dalla riservatezza della sua identità e dalla protezione da misure ritorsive.
Trasparenza, privacy e ruolo dei dirigenti
Il Codice stabilisce che trasparenza e tracciabilità sono inscindibili dalla digitalizzazione dei procedimenti amministrativi. Da qui derivano obblighi come l’utilizzo del protocollo elettronico, delle piattaforme informatiche istituzionali e delle procedure di dematerializzazione, in conformità al d.lgs. 33/2013 e alle indicazioni del RPCT e del Responsabile della protezione dei dati (RPD). In materia di protezione dei dati personali, i dipendenti devono attenersi ai principi del Regolamento (UE) 2016/679, trattando i dati in modo lecito, corretto, sicuro e solo nella misura strettamente necessaria alle finalità istituzionali. Una sezione è dedicata ai dirigenti, inclusi i dirigenti tecnici. Tra gli obblighi specifici figurano:
la dichiarazione di partecipazioni azionarie, interessi finanziari e rapporti che possano generare conflitti di interessi;
la vigilanza sul rispetto degli orari, delle incompatibilità, degli incarichi esterni e del Codice da parte del personale;
la promozione del benessere organizzativo, della formazione dei dipendenti e della valorizzazione delle differenze.
Violazioni e responsabilità disciplinare
La violazione del Codice di comportamento costituisce illecito disciplinare e può comportare sanzioni che vanno dal semplice rimprovero verbale fino al licenziamento nei casi più gravi. Rimangono inoltre ferme eventuali responsabilità di natura penale, civile, amministrativa o contabile. Tra le infrazioni più rilevanti rientrano l’accettazione di utilità non consentite, il condizionamento dei colleghi attraverso appartenenze associative o relazioni personali, e la stipula di contratti con soggetti con cui il dipendente intrattiene rapporti privati significativi. Il sistema prevede un monitoraggio annuale affidato ai dirigenti, all’Ufficio procedimenti disciplinari, al RPCT e all’OIV, al fine di aggiornare periodicamente il Codice e garantire la sua piena applicazione.