Docenti di sostegno tra specializzati, specializzandi, titoli esteri e continuità didattica: un sistema senza sbocchi strutturali?

Il sostegno scolastico rappresenta oggi uno dei nodi più critici del sistema di istruzione italiano

A cura di Diego Palma Diego Palma
09 dicembre 2025 22:41
Docenti di sostegno tra specializzati, specializzandi, titoli esteri e continuità didattica: un sistema senza sbocchi strutturali? -
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Il sostegno scolastico rappresenta oggi uno dei nodi più critici del sistema di istruzione italiano. A fronte di un fabbisogno strutturalmente elevato e destinato a crescere, il numero di docenti che riescono effettivamente a ottenere l’immissione in ruolo resta esiguo. Il risultato è un vero e proprio “esercito” di insegnanti formati, in formazione o in attesa di riconoscimento del titolo, che garantiscono ogni anno il funzionamento del servizio, ma senza prospettive chiare di stabilizzazione.

Specializzati TFA e specializzandi: una formazione selettiva, ma senza canale privilegiato

Il TFA Sostegno nasce come percorso altamente selettivo e professionalizzante. Accesso tramite prove preselettive, scritte e orali, numero chiuso, tirocinio diretto e indiretto, esami intermedi e finali: un investimento significativo in termini di tempo, competenze e risorse economiche.

Eppure, il conseguimento della specializzazione non garantisce alcun canale diretto verso il ruolo. Gli specializzati restano vincolati alle GPS e alle supplenze annuali o fino al termine delle attività didattiche, con l’accesso al ruolo legato quasi esclusivamente a concorsi ordinari o straordinari, la cui frequenza è discontinua e i cui esiti sono spesso limitati nei numeri.

Paradossalmente, anche gli specializzandi TFA, non ancora in possesso del titolo ma ammessi con riserva alle supplenze, risultano indispensabili per coprire le cattedre, segno evidente di una sproporzione strutturale tra domanda e offerta di docenti di sostegno.

I corsisti INDIRE: una risposta emergenziale che divide

I percorsi promossi tramite INDIRE si collocano in una logica dichiaratamente emergenziale. Pensati per docenti con anni di servizio sul sostegno senza titolo, puntano a “recuperare” competenze già maturate sul campo attraverso modalità formative più snelle e in larga parte a distanza.

Da un lato, rispondono a un’esigenza concreta del sistema scolastico: valorizzare l’esperienza e ridurre il ricorso a personale totalmente privo di formazione specifica. Dall’altro, sollevano interrogativi sulla omogeneità e comparabilità dei percorsi, soprattutto se messi a confronto con il TFA universitario, per durata, selettività e profondità teorico-pratica.

Il rischio è una frammentazione del modello formativo, in cui titoli formalmente equivalenti non sempre corrispondono a percorsi realmente confrontabili.

I titoli esteri: tra necessità e contenzioso

Un ulteriore tassello è rappresentato dai docenti con titolo di specializzazione conseguito all’estero, in particolare in Spagna, Romania e altri Paesi UE. Anche in questo caso il fenomeno nasce da una carenza strutturale di offerta formativa interna e da tempi incompatibili con il fabbisogno delle scuole.

Le procedure di riconoscimento, però, sono spesso lunghe, discontinue e fonte di ampio contenzioso amministrativo. Nel frattempo, molti docenti con titolo estero lavorano stabilmente sul sostegno, accumulando esperienza ma restando sospesi in una condizione giuridicamente fragile.

Pochi ruoli: art. 59 e concorsi non risolvono il problema

Le immissioni in ruolo ex art. 59 del DL 73/2021, pur avendo rappresentato un tentativo di risposta, hanno interessato numeri contenuti e si sono progressivamente ridotte. Anche gli ultimi concorsi, ordinari e straordinari, hanno prodotto esiti limitati, sia per il numero di posti messi a bando sia per l’elevato tasso di bocciature o rinunce.

Il dato di fondo resta invariato: il sistema continua a reggersi sulle supplenze, mentre i percorsi di stabilizzazione rimangono episodici e non strutturali.

Il decreto sulla continuità didattica: soluzione per gli alunni, incertezza per i docenti

L’estensione del decreto sulla continuità didattica sul sostegno, fortemente voluta dal Ministro Valditara, risponde a un’esigenza reale: garantire stabilità educativa agli alunni con disabilità e alle loro famiglie.

Tuttavia, dal punto di vista dei docenti, il rischio è quello di una continuità senza prospettiva. Restare sullo stesso posto per più anni non equivale a un percorso di immissione in ruolo, ma può tradursi in una forma di precarietà “cronicizzata”, in cui competenze, esperienza e formazione non trovano adeguato riconoscimento giuridico e contrattuale.

Le competenze sono davvero comparabili?

Una delle questioni più delicate riguarda la comparazione delle competenze. È legittimo chiedersi se percorsi così diversi – TFA universitario, INDIRE, titoli esteri, esperienza pluriennale senza titolo – possano essere messi sullo stesso piano.

La risposta non può essere ideologica. Le competenze sul sostegno si costruiscono con una combinazione di formazione teorica solida, tirocinio qualificato ed esperienza professionale guidata. Quando uno di questi elementi viene meno o ridotto, il rischio è una formazione disomogenea, che il sistema fatica poi a valutare in modo equo.

Un esercito in attesa di riconoscimento

La domanda finale resta aperta: questi docenti passeranno mai di ruolo? Senza un piano strutturale pluriennale, che integri formazione, reclutamento e fabbisogno reale, la risposta rischia di essere negativa.

Il sostegno continua a essere garantito grazie alla professionalità di migliaia di docenti precari. Ma senza un disegno organico, il sistema rischia di trasformare una risorsa fondamentale – le competenze costruite sul campo – in una precarietà permanente, con effetti che nel lungo periodo ricadono proprio sugli alunni che si vorrebbero tutelare.

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