Roberto Solinas: la scuola professionale tra tradizione, innovazione e futuro
Il Marco Polo è da anni un punto di riferimento per l’enogastronomia e l’ospitalità in Liguria
Un ponte tra scuola e territorio
Si è conclusa a Genova la Festa del Cuoco 2025, l’evento internazionale che ha riunito oltre mille chef provenienti da tutto il mondo per celebrare la cultura gastronomica, la convivialità e la formazione professionale. Tra i protagonisti di questa edizione, l’Istituto Marco Polo di Genova, che ha partecipato con entusiasmo e competenza, portando in piazza l’energia dei suoi studenti e la visione educativa del suo dirigente, il prof. Roberto Solinas.
Il Marco Polo è da anni un punto di riferimento per l’enogastronomia e l’ospitalità in Liguria, un laboratorio di idee dove tradizione e innovazione si incontrano per costruire il futuro dei giovani. Abbiamo incontrato il dirigente scolastico per fare il punto su un evento che ha dato visibilità alla scuola e, più in generale, per riflettere sul ruolo dell’istruzione professionale nel nuovo scenario formativo nazionale.
Intervista al dirigente scolastico Prof. Roberto Solinas
La partecipazione alla Festa del Cuoco
Professore, la Festa del Cuoco 2025 si è appena conclusa con grande successo. Quali motivazioni hanno spinto l’Istituto Marco Polo a partecipare e quali ricadute formative si aspetta per i suoi studenti?
Mi fa piacere pensare che Il nostro Istituto sia considerato un punto di riferimento per il mondo della ristorazione sul territorio. Credo che questo sia possibile grazie al grande lavoro di rete che la scuola ha favorito in questi anni. L’IPSEOA M. Polo, è sede della sezione di Genova e Tigullio della Federazione; pertanto, la nostra partecipazione alla Festa del Cuoco 2025 è stata quasi naturale. La motivazione è la stessa che ci porta a collaborare con le tante organizzazioni e associazioni professionali che gravitano intorno al nostro Istituto, ossia lo scambio continuo e proficuo con gli esperti del settore che possono arricchire il bagaglio professionale dei nostri alunni portando la loro esperienza.
Molti ristoratori, peraltro, sono nostri ex alunni e hanno piacere di tornare a scuola e lavorare a fianco a fianco con i nostri alunni, molti dei quali saranno ospitati nelle loro aziende per gli stage di formazione.
C’è stato un momento o un episodio, durante la manifestazione, che secondo lei rappresenta al meglio lo spirito della scuola e la crescita dei ragazzi coinvolti?
Sicuramente lo Show Cooking dello Chef Enrico Bartolini che ha rafforzato la concezione dell’enogastronomia che ci piace promuovere, vale a dire l’idea che l’operatore della ristorazione deve, prima di tutto, vivere la passione per questa professione. Passione che ti porta a curare estetica e palato, a scegliere con attenzione le materie prime, a valorizzare i prodotti territoriali e rispettare la biodiversità e la ricchezza delle nostre cucine tradizionali. Lo chef ha, più volte, sottolineato la scelta di non voler replicare uno standard nei suoi diversi locali e di perseguire l’unicità e il forte legame della cucina con il contesto culturale e territoriale. In qualche modo è una scelta che ricalca i nostri percorsi formativi, all’interno dei quali chiediamo ai ragazzi di vivere con maggiore consapevolezza questo legame con la gastronomia e i prodotti della Liguria senza rinunciare, tuttavia, a gettare uno sguardo alle altre regioni e alla cucina internazionale.
L’evoluzione della scuola professionale
Dal Progetto ’92 fino al recente DM 256/24, la scuola professionale ha attraversato numerosi cambiamenti. Come descriverebbe questa evoluzione e che ruolo gioca oggi nel panorama educativo nazionale?
Io posso dire di aver veramente vissuto in prima persona l’evoluzione della scuola professionale, prima da studente, poi nel periodo di nove anni di docenza e infine quando sono tornato a scuola da Dirigente Scolastico. Dalle 18 ore di pratica professionale del nostro quadro orario di studenti sono passato ad avere l’opportunità, da docente, di accompagnare, alla qualifica professionale la prima Terza sperimentale di Progetto ’92.
Un po’ controcorrente, rispetto ai miei colleghi, avevo pensato che fosse possibile fare un salto di qualità dei percorsi formativi, cercando di coniugare la pratica professionale con la preparazione culturale. Molto interessante, a mio modo di vedere, era la distinzione tra area comune, area di indirizzo e area di approfondimento che consentiva alle scuole professionali uno spazio di autonomia a sostegno delle esigenze del territorio.
Le successive riorganizzazioni dell’Istruzione Professionale hanno portato, a mio modo di vedere, ad una nuova centralizzazione e un’eccessiva standardizzazione dei percorsi mentre ho trovato interessante diversi aspetti introdotti dal D. Lgs. 61/2017. In primo luogo, la personalizzazione dei percorsi di studio e la possibilità di rafforzare i rapporti con la realtà produttiva. Va in questa direzione il nostro corso di Bar tender, programmato in collaborazione con la Camera di Commercio di Genova, che pone particolare attenzione alla valorizzazione dei prodotti territoriali.
Con il DM 256 nasce la filiera Formativa Tecnologico-Professionale. Sicuramente credo che la riforma, in positivo, potrà favorire un rilancio del sistema ITS. Il Marco Polo è capofila dell’ITS Turismo Liguria e io presiedo il Comitato Tecnico Scientifico. Nonostante le percentuali di occupazione, che non hanno eguali in alcuna facoltà universitaria, il nostro ITS fa fatica a decollare. Abbiamo un corso Di F&B Manager in partenza che io sicuramente avrei scelto dopo il diploma ma facciamo fatica a trovare gli iscritti. Ritengo che la filiera formativa, se ben strutturata, possa contribuire a rilanciare il sistema ITS e favorire i settori produttivi, come quello turistico, che hanno grossa difficoltà a trovare personale competente in tutti i settori. Certamente sarà necessario operare una scelta e rinunciare ad alcuni contenuti per andare nella direzione di una maggiore specializzazione nei settori produttivi di riferimento del tessuto socioeconomico locale.
Guardando al DM 256/24, quali aspetti reputa più innovativi e quali invece potrebbero complicare l’organizzazione e la gestione quotidiana delle scuole?
Credo che l’innovazione e la sperimentazione didattica sia sempre un motivo di crescita per la scuola. Le scuole autoreferenziali e refrattarie al cambiamento rinunciano ad una parte del loro compito istituzionale. L’aspetto più complesso, nella realizzazione del 4 + 2 è certamente la nuova impostazione del curricolo e la necessità di lavorare con maggiore flessibilità che attualmente è difficile da praticare. Ad esempio, per non penalizzare gli studenti riducendo eccessivamente il monte ore, sarà indispensabile iniziare le attività scolastiche i primi giorni di settembre con Project work, Attività sul territorio e laboratori che prevedono il coinvolgimento di esperti esterni.
Se dovesse immaginare la scuola professionale tra vent’anni, quale crede sarà la sua caratteristica più distintiva?
A me piacerebbe vedere una scuola professionale alla quale viene finalmente riconosciuta la dignità che merita: una scuola che è l’ossatura del nostro sistema produttivo con una forte connotazione territoriale. Questo doveva essere lo spirito della riforma del Titolo V della Costituzione che conferiva alle Regioni una maggiore autonomia nella declinazione dei percorsi IeFP ma che, di fatto, ha creato una sovrapposizione di percorsi formativi e un po’ di confusione, spesso senza riuscire a rafforzare i legami con il territorio.
La filiera 4+2 e la Legge 121/2024
Il modello della Filiera 4+2 promette una maggiore integrazione tra istruzione e mondo del lavoro. Ritiene che sia davvero uno strumento efficace o presenta ancora delle criticità, soprattutto nei territori più fragili?
Credo che sarà fondamentale vedere come le singole scuole sapranno muoversi nella complessità dei diversi contesti. Sicuramente alcuni territori sono più pronti e mostrano già una grande sinergia tra scuola e lavoro. Altri sono decisamente più indietro, quindi lo sviluppo della filiera può colmare un effettivo svantaggio. È fondamentale, tuttavia, che le aziende che collaborano alla realizzazione dei percorsi si impegnino ad assumere gli studenti che portano a termine il percorso. Il vantaggio di favorire l’ingresso delle aziende nel mondo della scuola, al di là dei pregiudizi di carattere ideologico, consiste nel tarare i percorsi sulle vere competenze richieste dal mercato, purché questo si concretizzi in un vero impegno delle aziende e delle istituzioni nel favorire le politiche occupazionali.
Come si sta preparando l’Istituto Marco Polo per creare reti con le imprese locali e valorizzare i rapporti con le filiere produttive nel nuovo quadro normativo?
La nostra scuola ha costruito, negli anni, una fitta rete di rapporti con circa 500 aziende del territorio. Siamo capofila, come dicevamo, dell’ITS Turismo e abbiamo avviato protocolli d’intesa con la Camera di Commercio, consorzi e diverse associazioni di categoria e professionali. Attivare la filiera credo che per noi sia relativamente semplice ma è necessario costruire delle figure professionali che vadano a coprire una reale esigenza del tessuto produttivo. In una recente esperienza del nostro Istituto come unica scuola in Italia (il Progetto internazionale Nectar), abbiamo declinato la figura professionale di Cuoco esperto in cucina salutista, figura che è entrata a far parte del repertorio delle professioni di Regione Liguria. Questo, ad esempio, potrebbe diventare un percorso da valorizzare attraverso la nuova filiera professionale. Oppure il percorso di Tecnico superiore di Food & Beverage Manager, già citato.
La Formazione Scuola-Lavoro
Con la nuova denominazione di “Formazione Scuola-Lavoro”, quali strategie avete adottato per ridefinire il ruolo dei tutor accompagnatori, considerando il contesto di risorse limitate?
Di fatto, nel nostro caso, non credo che ci saranno modifiche sostanziali. La nostra scuola organizza, da anni, stage di formazione in azienda e i docenti delle materie professionali, da sempre, svolgono il ruolo di tutor scolastico.
In che modo cercate di riconoscere e valorizzare il lavoro dei tutor, non solo sul piano professionale, ma anche su quello motivazionale e umano?
Gli incentivi, di fatto, non potranno essere consistenti a meno che non vengano, in futuro, incrementati in maniera significativa gli attuali fondi per il PCTO. Tuttavia, credo che sul piano motivazionale e professionale sia imprescindibile il confronto con gli operatori del settore mentre sul piano professionale, da intendersi come un’occasione di crescita e di aggiornamento. Pensiamo, ad esempio, come si è evoluta la cucina nelle tecniche e nelle attrezzature. La scuola, grazie ai finanziamenti PNRR, ha avuto l’opportunità di investire nelle dotazioni di laboratorio ma è certamente diverso vedere come, tra i professionisti del settore, questi strumenti hanno modificato l’approccio alla cucina e l’attenzione alle proprietà degli alimenti nella loro trasformazione, come accade, ad esempio, nella CBT.
Se potesse scrivere un articolo di legge per migliorare la formazione scuola-lavoro, quale sarebbe la sua prima proposta?
Difficile entrare troppo nel merito di un aspetto così complesso. In alcuni casi credo ci siano già le disposizioni di legge che possono favorire il dialogo tra scuola e lavoro, anche se alcune opportunità sono poco sfruttate. Ad esempio, la Legge 107 riconosceva l’apprendistato ad integrazione dei percorsi di Istruzione e Formazione Professionale ma, nel concreto, tali percorsi sono stati realizzati di rado. Credo, al contrario, che l’apprendistato sarebbe uno strumento efficace per prevenire alcune situazioni di dispersione scolastica.
A pensarci bene l’articolo di legge che scriverei per migliorare la formazione scuola-lavoro potrebbe riguardare la possibilità per le aziende di beneficiare stabilmente di sgravi fiscali diretti per i tirocini formativi, al di là dei contributi economici estemporanei, talvolta previsti da alcuni progetti attivati dagli enti locali. Di fatto, credo che le aziende non abbiano reale vantaggio ad accogliere gli studenti in stage, se non quello di confidare in una possibile assunzione al termine del periodo di formazione.
Visione complessiva
Qual è, secondo lei, il modello ideale di formazione scuola-lavoro per l’Istituto Marco Polo, capace di coniugare qualità didattica, radicamento territoriale e apertura internazionale?
Io credo che il modello ideale non possa essere molto distante da quello attuale, dove gli stage di formazione sono parte integrante di una programmazione didattica. Abbiamo visto che è molto efficace portare a scuola l’esperienza dei professionisti per comprendere le diverse possibilità che offre il modo dell’enogastronomia e dell’ospitalità alberghiera. Fondamentale, tuttavia, che la programmazione didattica sia interdisciplinare, come prevede il PECUP dei percorsi professionali. L’operatore del settore enogastronomico deve essere in gradi di realizzare un piatto ma, allo stesso tempo, calcolare il food cost, conoscere le proprietà organolettiche degli alimenti e gli allergeni, promuovere la propria azienda con le strategie di marketing e gli adeguati strumenti di comunicazione, ecc.
Quanto contano, nel percorso formativo degli studenti, le famiglie? E come riesce la scuola a coinvolgerle attivamente in un percorso professionalizzante?
Da tempo ho avviato la pratica di convocare tutte le famiglie dei nuovi studenti all’inizio dell’anno scolastico per spiegare il regolamento e la filosofia della scuola. Lo scopo è coinvolgerli nel progetto formativo e sottoscrivere il patto di corresponsabilità educativa, non come obbligo formale ma come impegno concreto a trasmettere un messaggio educativo coerente. Coinvolgere le famiglie nei percorsi professionalizzanti è, tutto sommato, relativamente semplice, basta creare le condizioni. Ad esempio, di recente, abbiamo iniziato ad organizzare le cene di classe, rivolte alle famiglie e ai docenti del relativo Consiglio. Queste iniziative sono state molto apprezzate dai genitori i quali, a fronte di un contributo per il servizio, hanno l’opportunità di vedere i propri figli all’opera e di sperimentare direttamente la qualità dei nostri percorsi professionali.
Approfondimento – Intervista al prof. Giuseppe Zizzi
“La cucina è cultura, e la scuola è la sua prima brigata”
Tra i protagonisti della Festa del Cuoco 2025, anche il prof. Giuseppe Zizzi, docente di enogastronomia – settore cucina – presso l’Istituto Marco Polo di Genova e presidente della Federazione Italiana Cuochi – Liguria. La sua doppia veste di insegnante e rappresentante del mondo professionale gli permette di cogliere con lucidità il filo che unisce la formazione scolastica alle cucine reali dei ristoranti e degli hotel.
Professore Zizzi, da Presidente Associazione Cuochi Genova e Tigullio, come giudica l’esito di questa edizione della Festa del Cuoco e quali risultati ritiene più significativi per la valorizzazione del territorio e dei giovani cuochi liguri?
Da docente, come vive il rapporto tra scuola e professione? Quanto ritiene che esperienze come la Festa del Cuoco incidano sulla crescita formativa e umana degli studenti che si affacciano al mondo della ristorazione?
Giudico eccezionale l’esito di questa edizione della Festa del Cuoco, che, a detta di tutti i colleghi nazionali, è stata una delle migliori di sempre. Questa festa ha abbracciato tutti e, quando dico tutti, intendo che ha coinvolto in primis l’intera città con l’apertura del Villaggio del Cuoco nelle giornate di sabato 11 e domenica 12. Tengo a precisare che nelle altre edizioni la festa si svolgeva in due giorni, mentre noi siamo riusciti a organizzarla su quattro giorni.
Al Villaggio del Cuoco erano presenti, oltre alla Liguria, anche molte postazioni di regioni limitrofe, con la presenza della Basilicata. Venivano proposte specialità tradizionali in stile street food. Era presente anche un’importante rappresentanza di aziende del settore enogastronomico, oltre alla Coldiretti e alla LILT, che effettuava gratuitamente test di prevenzione senologica.
Sono stati coinvolti anche gli allievi di tutti gli istituti alberghieri e dei centri di formazione professionale, con la prima edizione del Trofeo Liguria – Genova Gourmet Cup, un concorso tra studenti liguri che decreta il candidato che rappresenterà la regione alle gare nazionali di Rimini nel mese di febbraio.
Grande è stato anche il coinvolgimento delle istituzioni locali e regionali: Regione Liguria, Comune di Genova, Camere di Commercio di Genova e Savona, Città Metropolitana, Confcommercio e Ufficio Scolastico Regionale. Tutti hanno dato un contributo prezioso, economico e organizzativo. Un successo enorme, con grande affluenza di cittadini e cuochi da tutta Italia.
Molto significative anche le due giornate successive. Lunedì 13 si è tenuto un grande raduno in piazza De Ferrari con oltre 700 cuochi in divisa e toque, seguito da una sfilata per le vie del centro storico fino alla Cattedrale di San Lorenzo, dove si è scattata la foto ufficiale sulla scalinata. A seguire è stata celebrata la Santa Messa in occasione di San Francesco Caracciolo, patrono dei cuochi. In serata si è svolta una prestigiosa cena di gala “Standing Dinner” presso le Sale del Minor e Maggior Consiglio di Palazzo Ducale, con un percorso enogastronomico dedicato alle eccellenze della Liguria.
Il giorno seguente sono state organizzate visite guidate nel centro storico: botteghe storiche, aziende locali come il Pesto di Prà, l’Acquario di Genova e i Palazzi dei Rolli. A pranzo, presso il Palazzo della Borsa, è stato allestito il tradizionale buffet delle regioni d’Italia, dove ogni regione era rappresentata dalle proprie eccellenze gastronomiche.
Gli allievi e i docenti degli istituti alberghieri hanno partecipato attivamente a tutte le attività. Per ringraziare i giovani, l’Unione Cuochi Liguri ha organizzato una Masterclass con lo chef pluristellato Enrico Bartolini presso l’Istituto Alberghiero Marco Polo di Genova. Lo chef ha raccontato la sua carriera e la sua filosofia di cucina, preparando due piatti iconici.
Questa esperienza è stata molto importante per i professionisti ma soprattutto per i ragazzi che si stanno avvicinando con entusiasmo a questo mestiere. La cucina è cultura, identità e territorio: unisce istituzioni, aziende e cittadini. È stata un’esperienza unica e formativa.
Detto ciò, penso di aver risposto anche alla seconda domanda che mi è stata posta. Ho vissuto tutto questo, da professionista e docente, con grande soddisfazione. Mi rende felice e orgoglioso aver dedicato anni di servizio alle famiglie e agli studenti, molti dei quali oggi sono professionisti e imprenditori di valore. Continuerò a dedicarmi con passione alla mia professione, perché – come si dice – “tutto questo ha un senso”.