Accade in provincia di Piacenza, dove una docente di una scuola statale ha denunciato all’autorità giudiziaria una coppia che l’ha minacciata perché “colpevole” di aver richiamato una ragazza che usava il cellulare durante le sue lezioni.

La professoressa, seriamente preoccupata,  ha denunciato il fatto ai Carabinieri che hanno hanno anche chiesto un riconoscimento fotografico per identificare gli aggressori. L’insegnante ha inoltre provveduto a redarre una  una dettagliata relazione alla dirigenza e all’USR Emilia Romagna , chiedendo di applicare la circolare emessa dal Ministero dell’Istruzione e del Merito lo scorso mese di febbraio, che esortava gli uffici a fornire l’assistenza dell’Avvocatura dello Stato in caso di episodi di violenza nei confronti dei docenti, un atto sollecitato dallo stesso Ministro Valditara. Per ora gli uffici territoriali cui la docente si è rivolta non hanno dato supporto né aperto un’istruttoria lasciando sola una l’insegnante.

È appena il caso di ricordare che la fattispecie si configura come violenza privata e che, proprio in questi giorni la Camera ha approvato  con 150 voti favorevoli, nessuno contrario e 107 astenuti la proposta di legge contro le violenze ai docenti, a firma dell’on. Rossano Sasso (Lega) .

Intento encomiabile, ma che resta un intento, appunto, visto che l’Avvocatura dello Stato è ben solerte nell’intervenire in questioni giudiziarie relative all’amministrazione scolastica, ma viene poco coinvolta in situazioni   in cui occorre difendere la cosiddetta “prima linea”, cioè insegnanti e ata.

Il caso di Piacenza riporta alla (recente) memoria altri fatti assurti alla cronaca che hanno messo in luce quanto il ruolo di chi dedica la propria professione a formare le future generazioni sia vacillante e pieno di insidie.

 

 

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