Il mistero della Trinità (e non solo quello) ossessionò sant’Agostino per lungo tempo, come l’aneddoto popolare racconta, sul dialoghetto tra il santo e un bambino, che, in riva al mare, si ostinavano, l’uno, giocando con un guscio di conchiglia, nel tentativo di trasferire tutta l’acqua del mare in una buca nella sabbia; l’altro, con il rovello di penetrare razionalmente i misteri divini. Il mistero centrale del cristianesimo, quello che definisco il cuore stesso del cristianesimo, a ben riflettere, è tutto nello scandalo della morte e della resurrezione di Gesù il Cristo. Mi limito, in questa sede, con stile pop, a mettere assieme alcuni testi letterari, medievali e post-moderni, che lo hanno raccontato, mettendolo in scena, accanto a qualche opera d’arte e una canzone. Da Jacopone da Todi, che scrisse Donna de Paradiso, nel XIII secolo, a Dario Fo, che (ri)scrisse Mistero buffo, nel XX secolo (premio Nobel per la letteratura nel 1997); da J. Borges, con la poesia Cristo in croce (del 1984), a F. De André, con la sua canzone Tre madri (del 1970, ma scritta nel 1969, con tutto l’album La buona novella), alla tela di Andrea Mantegna, Cristo morto, eseguita nel 1480 (oggi, posseduta dalla Pinacoteca di Brera, a Milano), contenente una delle rarissime (se non l’unica) raffigurazione della madonna da vecchia. In provincia di Foggia, nella cittadina di Troia, in cattedrale, si può ammirare uno splendido (e raro) affresco che raffigura la dormitio di Maria. La Madonna, infatti, nei Vangeli, a un certo punto, scompare. Di lei non si legge più nulla, non viene più riferito nulla, da nessuno dei quattro evangelisti canonici. Nessuno sa, infatti, che fine faccia Maria di Nazareth, la Madonna, se, cioè, invecchi, se muoia, e dove… Nell’affresco della cattedrale di Troia la si vede salire al cielo, dormiente.

Jorge Luis Borges, scrittore e poeta argentino, non credente, scrisse la poesia intitolata Cristo in croce, nei suoi ultimi anni di vita, nel 1984 (due anni prima di morire). Borges era stato definito l’«ateo della croce», che, con la poesia Cristo in croce, consegnava quasi un testamento laico:

Cristo in croce

Cristo in croce. I piedi toccano terra. Le tre croci sono di uguale altezza. Cristo non sta nel mezzo. Cristo è il terzo.

La nera barba pende sopra il petto.

Il volto non è il volto dei pittori.

E’ un volto duro, ebreo. Non lo vedo

e insisterò a cercarlo fino al giorno

dei miei ultimi passi sulla terra […].

È strabiliante che Borges in questa poesia immagini che Gesù non stia crocifisso al centro, tra gli altri due ladroni, e che inoltre la sua croce non fosse la più alta tra le tre. Questi due aspetti (la centralità della posizione di Gesù, e l’altezza della sua croce), ci vengono dalla tradizione, non dal Vangelo; tutto ciò, da parte di Borges, per sottolineare che Gesù si fece, anche in punta di morte, come gli altri uomini, e che quindi la sua croce fosse uguale alle altre due, e che si trovasse conficcata non in mezzo, ma al terzo posto. A tal proposito, suggerisco di arricchire questo mio percorso letterario, con l’ascolto della canzone di Fabrizio De André, Tre madri, nella quale viene raccontato il dolore di Maria esattamente come se fosse il dolore di una madre qualsiasi, che avesse avuto l’analoga sventura di veder condannato a morte il proprio figlio:

https://www.youtube.com/watch?v=-49UpTKWZUw

Già in Dante è presente il riferimento al mistero della nascita, e, quindi, della morte e della resurrezione di Gesù il Cristo, nel canto III del Pg, lì dove, per bocca di Virgilio, Dante afferma che il mistero di Dio gli uomini non possono comprenderlo, aggiungendo che chi si illude di farlo è matto:

Matto è chi spera che nostra ragione

possa trascorrer la infinita via

che tiene una sustanza in tre persone.    36

State contenti, umana gente, al quia;

ché, se potuto aveste veder tutto,

mestier non era parturir Maria;              39

Jacopone da Todi, nel XIII secolo, fu tra i primissimi poeti in lingua volgare (ovviamente, il volgare umbro, la parlata della sua terra) a scrivere del dolore di Maria, per la crocifissione del figlio, nel testo Donna de Paradiso, che può essere considerato a tutti gli effetti il primo testo teatrale italiano. Ecco, qui di seguito, i primi versi:

«Donna de Paradiso,
lo tuo figliolo è preso
Iesù Cristo beato.

Accurre, donna e vide
che la gente l’allide;  5

credo che lo s’occide,
tanto l’ho flagellato»

«Como essere porria,
che non fece follia,

Cristo, la spene mia,  10
om l’avesse pigliato?».

«Madonna, ello è traduto,
Iuda sì ll’à venduto;

trenta denar’ n’à auto,
fatto n’à gran mercato».         15

In forma dialogata, cioè, in forma teatrale, Jacopone da Todi mette in scena il dolore della Madonna, per la crocifissione e per la morte del figlio, Gesù il Cristo. Mi piace sottolineare che Jacopone, da francescano, abbia messo in scena, per primo, la passione e la morte del Cristo, e che, invece, san Francesco d’Assisi, il fondatore dell’ordine, avesse messo in scena, per primo, la nascita di Gesù di Nazareth, con l’allestimento a Greccio, nel 1223, del primo presepio.

Nel 1969, Dario Fo mise in scena, per la prima volta, nel suo Mistero buffo, la passione di Gesù, assumendo però il punto di vista di osservazione (e di giudizio) della madre di Gesù, Maria di Nazareth. Per questo lavoro teatrale, Fo attingeva decisamente dalla tradizione popolare dei così detti vangeli apocrifi (quelli cioè non rientranti nel canone ecclesiastico), e dalle laudi medievali. A mio giudizio, punto di riferimento letterario del Mistero buffo di Dario Fo è stato il testo di Jacopone da Todi, Donna de Paradiso, non solo per l’impostazione dialogico-teatrale, ma anche per l’assunzione del punto di vista della donna (di Maria, e della Marie, come vengono appellate, nei vangeli, le donne che si trovavano ai piedi della croce), che è presente in entrambi i testi. Nella scena che riporto, Dario Fo immagina che Maria non sappia nulla dei tormenti che il figlio sta subendo, e che scopra per caso della crocifissione (già in atto) di suo figlio:

MARIA: Dove va tutta questa gente? Cosa sta succedendo là in fondo?

GIOVANNA: Sarà qualche sposalizio di sicuro… […]

MARIA: Oh, andiamo a vedere, Giovanna, che mi piacciono tanto i matrimoni. È giovane la sposa? E lo sposo chi è?

GIOVANNA: Non lo so… credo che sia uno di fuori […]

MARIA: Aspettate… ascoltate… stanno bestemmiando! […]

Sopraggiunge correndo trafelata la Maddalena

MADDALENA: Maria! Oh, Maria… vostro figlio Jesus…

GIOVANNA (bloccandola): Ma sì, ma sì, lo sa già… (a parte) Stai zitta… disgraziata!

MARIA (con apprensione): Cos’è che so già io?… Cos’è capitato a mio figlio?

GIOVANNA: Niente… cosa dovrebbe essergli capitato, o santa donna? […]

MARIA: Far del male a mio figlio?! E per quale ragione, che è così buono…

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Un pensiero su “Il “mistero” della passione, morte e resurrezione di Gesù il Cristo”

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